featured-image

Il Chievo Verona “dei miracoli” di Delneri

Calcio Operazione Nostalgia 03/06/2022

Cangrande della Scala è lì sullo stemma non per caso. Emblema dello spirito che rappresenta al meglio il Chievo Verona, sin dalla propria nascita. D’altronde, se la fama del condottiero, cavaliere e mecenate della dinastia scaligera fa si è perpetrata nei secoli sino ai giorni nostri, ci sarà ben più di un motivo. Egli incarna l’anima indomita, la scaltrezza e la generosità di chi sa di dover lottare e combattere oltre i propri mezzi per innalzare il proprio stendardo, di chi sfrutta le situazioni per trarne vantaggio, di chi sa farsi amare perché sa esaltare la propria gente e portarla lì dove nessuno avrebbe mai immaginato.

Il parallelo fra le epiche gesta del condottiero veronese e quelle in ambito più squisitamente sportivo dei Mussi Volanti ha il sapore di un unicum, di per sé irripetibile e quindi storico. Sono passati vent’anni precisi, infatti, dall’impresa compiuta dai ragazzi di Delneri. Vissuti sempre all’ombra dei ben più blasonati cugini dell’Hellas, il Chievo ha saputo affrancarsi dall’ingombrante – soprattutto in città – e talvolta denigratoria etichetta di “realtà parrocchiale”.

Tutto iniziò in un oratorio – Certo, non si può assolutamente far torto alla storia. Chievo è un borgo situato alle porte di Verona e dietro l’oratorio c’è il campo sportivo che porta il nome di Carlantonio Bottagisio. È proprio lì che il Chievo Verona, realtà che ha raccolto l’eredità dell’ormai scomparsa O.N.D. Chievo, inizia a muovere i suoi passi quando il secondo conflitto mondiale si è finalmente placato. La squadra si iscrive nei campionati dilettantistici regionali ed è nel lontano 1964 che inizia l’era Campedelli: il proprietario dell’industria dolciaria locale, la Paluani, concentra le sue attenzioni su quell’accolita di giovani e giovanissimi che ogni domenica tornano a casa con le ginocchia sbucciate e le maglie sgualcite. E quello che doveva essere solo “un gioco” alla fine si trasforma in una vera e propria realtà.

In città si sta festeggiando lo storico Scudetto del 1985 quando il Chievo si appresta a disputare lo storico campionato di Serie D che lo vedrà duellare a lungo con il Bassano per la promozione fra i professionisti: realtà che diventa tale il 13 giugno 1986 quando il Chievo Verona ottiene il pass per la Serie C2 dopo una condanna per illecito dei diretti concorrenti. I Mussi Volanti, dunque, volano per davvero e lasciano la loro culla primordiale per disputare i loro incontri nella “casa dei grandi”: il Marcantonio Bentegodi. È l’inizio di una nuova era: c’è una nuova squadra in città.

La scalata ai piani alti – L’entusiasmo non si placa certo con l’arrivo in Serie C2: il sogno della famiglia Campedelli prende sempre più forma, fin quando nel 1990 la famiglia – che nel frattempo si era limitata al ruolo di “patron” – prende in mano il timone del Chievo Verona che nel frattempo ha disputato il suo primo campionato di Serie C1. Dall’altra parte dell’Adige, invece, le cose non vanno per il meglio e l’Hellas retrocede miseramente in Serie B dopo un pessimo campionato. L’aria di derby si fa sempre più concreta, fin quando avviene il miracolo nell’estate del 1994: guidati da un giovanissimo tecnico locale, Alberto Malesani, il Chievo Verona ottiene la promozione in Serie B, aggiudicandosi dunque il diritto di sfidare ad armi pari i loro dirimpettai. Un sogno che solo cinque anni prima sembrava pura utopia.

Smaliziati. Sognatori. Senza tensioni. Il tecnico riesce a stabilire alle porte di Verona una sorta di Eldorado fatto in casa. All’ombra della Valpolicella, infatti, Malesani “coltiva” i suoi giovani virgulti, recupera calciatori che sembravano aver smarrito la trebisonda e in occasione del primo derby con l’Hellas si toglie anche la soddisfazione di piegarlo per 3-1 nel match di ritorno dopo l’1-1 nella prima, storica stracittadina. Negli anni il Chievo Verona diventa una realtà della cadetteria, conquistando salvezze senza particolari tensioni, fin quando nel 1997 Malesani lascia per dire sì alla Fiorentina e giocarsi le sue chance in Serie A. Si arriva, dunque, al 2000 quando sulla panchina clivense si siede un nuovo profeta: Luigi Delneri.

La storica promozione – È il primo campionato che segna il passaggio al nuovo millennio e nessuna osa scommettere una sola lira – eh sì, c’erano ancora le lire – sulle possibilità di promozione del Chievo Verona. Se non è un esordio in Serie B per l’allenatore friulano, infatti, poco ci manca. Delneri, infatti, ha alle sue spalle una lunga esperienza nelle categorie minori che nel giro degli anni l’hanno portato gradualmente a scalare la piramide del calcio italiano. Il suo nome inizia a circolare sempre più insistentemente nell’ambiente – dopo una brillante carriera da calciatore – quando porta il Ravenna alla promozione in Serie C1 nel 1992-93, ripetendosi nell’impresa con la Nocerina nel 1994-95 e compiendo addirittura un doppio salto dalla C2 alla B alla guida della Ternana nel biennio 1996-98. Queste imprese, subito dopo i Mondiali di Francia, convincono la dirigenza dell’Empoli a sceglierlo per raccogliere l’eredità di Luciano Spalletti, nel frattempo passato alla Sampdoria. Tuttavia, l’idillio dura pochissimi giorni: si acuiscono le frizioni con l’entourage toscano ed ancora prima di esordire in Serie A, Luigi Delneri viene licenziato. Viene, dunque, richiamato dalla Ternana che versa in condizioni disperate già in autunno fra i cadetti, ma il ritorno al Libero Liberati si esaurisce nel giro di nove match, nei quali conquista soltanto cinque pareggi e quattro sconfitte. Non è certo l’esordio che ci si attendeva. Tuttavia, il presidente Campedelli vede in lui le qualità per esaltare il gioco dei suoi Mussi Volanti che, dopo sei salvezze consecutive, mirano a qualcosa di più importante. In squadra ci sono molti calciatori dal passato illustre che, però, non sono riusciti a soddisfare appieno le aspettative nei grandi club del passato. Delneri, dunque, si ritrova con un Eugenio Corini scaricato dai cugini dell’Hellas nel 1998 e con una voglia matta di dimostrare il suo valore. Dietro, invece, ci sono due colonne come D’Anna e D’Angelo. Quest’ultimo, è una vera e propria istituzione tra i clivensi: veste il gialloblù dal 1988 e, dopo due campionati in prestito, dal 1991 non ha più lasciato quei colori, vestendo i “panni calcistici” del nostro Cangrande della Scala. Insieme a questi esperti elementi, ecco anche i giovani Simone Barone, il brasiliano Eriberto e l’italo-ivoriano Christian Manfredini a presidio delle fasce e Bernardo Corradi in attacco. Sono perfetti per il 4-4-2 di Delneri e, d’improvviso, il Chievo Verona inizia a volare facendo sempre più fede al suo soprannome. Al termine del campionato i Mussi Volanti compiono l’impresa, posizionandosi al terzo posto in classifica e realizzando un incredibile sogno: giocare in Serie A. I sogni si possono realizzare. E questa ne è la riprova.

Il Miracolo ChievoIn vista del campionato che porterà l’Italia pallonara verso i Mondiali di Giappone e Corea del Sud, tutte le attenzioni sono necessariamente sulla compagine gialloblù che si è ritrovata improvvisamente a sedere al tavolo delle grandi. Sono tanti i facili profeti che, in estate, pur esaltando il lavoro di Delneri pronosticano un annunciato ritorno “fra i ranghi”: il tecnico è al suo esordio assoluto nella massima categoria, in squadra sono pochi i calciatori ad aver avuto una pur minima esperienza nel campionato più difficile del mondo e il pedigree di gran parte della rosa è davvero limitato. Sull’ossatura che ha conquistato la promozione in Serie A, il Chievo opera con il bilancino, operando innesti oculati e mirati: in porta arriva Cristiano Lupatelli in prestito dalla Roma, alla ricerca di una porta da difendere finalmente con continuità; la difesa si rinforza con Nicola Legrottaglie, mentre in mediana l’innesto a sorpresa è quello di Simone Perrotta, desideroso di tornare decisivo come ai tempi del Bari dopo il fugace flirt con la Juventus. In attacco, invece, ritorna Massimo Marazzina che ha vestito per un anno la maglia della Reggina ed è desideroso di dare il suo forte contributo alla causa clivense sul palcoscenico più importante. Quello più prestigioso.

Vengono stilati i calendari quando l’estate si sta avviando pian piano al suo tramonto e per il 26 agosto 2001 il calendario prevede che il Chievo Verona esordisca in Serie A nella prestigiosa cornice dell’Artemio Franchi, davanti alla Fiorentina. Certo, nella Viola non ci sono più né Batistuta, né Rui Costa, ma è pur sempre un impegno probante. Al calcio d’inizio, i padroni di casa sono sbigottiti: vengono letteralmente assaliti da una carica dal sapore cavalleresco. Sorpresi e costretti a rintuzzare gli attacchi che provengono da tutte le parti, con Eugenio Corini nei panni del master and commander, la resistenza dei toscani si scioglie come neve al sole dopo cinque minuti, quando Perrotta infila Taglialatela, segnando il primo storico gol dei clivensi in Serie A. Al novantesimo, saranno due le lunghezze di scarto sugli avversari. Tutta l’Italia è con gli occhi spalancati davanti al gioco dei veronesi: un semplice abbaglio d’agosto? Le perplessità si trasformano in certezze due domeniche dopo quando è il Bologna a chieder conto ai gialloblù. Risultato? Sempre lo stesso: 2-0, tutti a casa e Chievo Verona in cima alla classifica. Vien quasi da sorridere anche agli stessi veneti quando per il terzo turno è in programma “lo scontro al vertice” con la Juventus miliardaria di Marcello Lippi. Dall’altra parte ci sono – fra gli altri – Buffon, Thuram, Nedved, Trezeguet e Del Piero. Sul versante opposto, invece, tutti insieme non si faceva complessivamente neanche un terzo delle presenze in Serie A messe assieme da Pinturicchio. Il calcio, però, è bello perché è imprevedibile. E se in molti pensavano che la Vecchia Signora potesse mettere a sedere i Mussi Volanti, beh, si sbagliava alla grande. I primi venti minuti dei clivensi al Delle Alpi sono da manuale del calcio: la Juventus viene schiacciata nella sua area dal gioco stretto, veloce e dinamico dei veronesi e nel giro di venti minuti, Gigi raccoglie due palloni scagliati alle sue spalle da Marazzina: Juventus-Chievo Verona 0-2. Roba da matti. Chi l’avrebbe detto? Nessuno. Nel primo tempo, tuttavia, i bianconeri riescono a ristabilire la parità, riuscendo ad aver ragione dei clivensi solo a sette minuti dal novantesimo grazie ad un rigore trasformato da Marcelo Salas, ma a costo di un’immane fatica. Al termine della partita, gli applausi sono tutti e solo per il Chievo Verona. E in molti si rimangiano già pronostici e vaticini vecchi neanche d’un mese.

I Mussi Volanti fanno sul serio – Ormai è chiaro a tutti che il Chievo va necessariamente annoverato tra le nuove, acclarate sorprendenti potenze del campionato italiano. Le vittorie si fanno sempre più costanti, decise, schiaccianti e numerose. Dopo la battuta d’arresto con la Juventus, infatti, il Chievo Verona riesce ad inanellare una serie di prestigiosi successi – fra i quali va ricordato l’1-2 con cui piega l’Inter a San Siro – che portano i veneti a giocarsi il titolo (seppur platonico) di campione d’Inverno con la Roma. Il giorno clou è quello del 22 dicembre quando i ragazzi di Delneri attendono al varco proprio i giallorossi di Capello con lo Scudetto sul petto. Il Chievo Verona vende cara la pelle, ma tre reti che portano le firme di Emerson, Samuel e del veronese Tommasi fanno pendere la bilancia dalla parte dei capitolini, consentendo loro di effettuare lo scatto decisivo che, nel giorno della Befana, li premierà con il primo posto nella calza al giro di boa.

Essere lì fra le grandi. Ed affrontarlo con la tranquillità che avversari ben più navigati invidiano loro. I ragazzi di Delneri sono la più bella sorpresa che il massimo torneo nazionale potesse regalarci. E, seppur nel girone di ritorno il Chievo Verona sia costretto a retrocedere gradualmente fino al quinto posto dopo un periodo di fisiologico appannamento che li ha costretti ad attendere la vittoria per dieci giornate (sette vittorie e tre pareggi, inframezzati dal vittorioso recupero con la Lazio del 30 gennaio) per festeggiar poi il ritorno al successo in occasione del derby contro l’Hellas di quel Malesani dal quale tutto era partito. Forse l’unico modo possibile per tornare ad avere un animo sereno dopo la tragedia della scomparsa di Jason Mayelé in un incidente stradale la mattina del 2 marzo 2002.

Finirà, quindi, con un incredibile piazzamento in Coppa UEFA, ad un solo punto dall’incredibile qualificazione per i preliminari di Champions League e con il plus di aver rallentato la corsa dell’Inter di Cuper allo Scudetto con il 2-2 acciuffato al novantesimo da Federico Cossato. Una favola da raccontare ai propri nipoti. Una favola che, una volta ancora, è riuscita ad aver forma e sostanza grazie a quella benedetta palla di cuoio inseguita da ventidue ragazzi in calzoncini e scarpe con i tacchetti.


Operazione Nostalgia

Operazione Nostalgia si caratterizza per una narrazione nostalgica e romantica del calcio italiano tra gli anni '80 e gli anni 2000, decenni di cui ripercorre i momenti salienti e racconta le storie dei personaggi più iconici e curiosi.

Condividi

PROMOZIONE

SUGGERITI

Classifiche