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Il meraviglioso Parma 1998/99, ultima italiana a vincere la Coppa UEFA

Calcio Operazione Nostalgia 12/05/2022

L’estate è stata appena archiviata. Nelle orecchie dei tifosi italiani riecheggia ancora lo stack del pallone che Di Biagio scaglia sulla traversa della porta di Barthez. Il sogno azzurro s’interrompe a Saint-Denis al termine dei quarti di finale del Mondiale di Francia che contrappone proprio i cugini transalpini alla pur brillante Nazionale guidata da Cesare Maldini. Al termine della kermesse iridata saranno proprio Les Bleus ad alzare per la prima volta la Coppa del Mondo al cielo e serve a poco o nulla rilevare come quel successo abbia più di una sbavatura tricolore, considerando che ben sette dei ventidue elementi selezionati da Aimé Jacquet giocano nel campionato di Serie A.

Fari puntati sulla Serie A – L’Italia, d’altronde, rappresenta il Bengodi del gioco del calcio ad ogni latitudine ed il Belpaese vive la transizione fra il secondo e il terzo millennio con l’ormai granitica consapevolezza di potersi fregiare del titolo di torneo più bello del mondo. L’arrivo del Fenomeno Ronaldo avvenuto nella precedente stagione enfatizza ancor di più le attenzioni degli osservatori sulla Serie A che si presenta ai nastri di partenza con un appellativo più che evocativo: Il Campionato delle Sette Sorelle.

Insieme alla Juventus, campione in carica, le due milanesi e le due romane, infatti, possono fregiarsi del titolo di “grandi” anche due squadre come Parma e Fiorentina che ambiscono legittimamente alla conquista del tricolore da apporre sul petto. I grandi campioni, mai come nella seconda parte degli anni ’90, scoprono vie alternative, ma altrettanto stimolanti ed ambiziose, per poter sognare in grande e mettersi in luce nel campionato più bello e difficile del mondo.

Da Scala ad Ancelotti: la scalata all’Olimpo dei Ducali – Parma è una di queste piazze che, però, a differenza delle altre, si distingue per l’atmosfera di quiete che la permea. Nevio Scala è il deus ex machina di gialloblù vestito, capace di portare i ducali nel giro di tre anni dalla promozione in Serie A nel 1989-90 alla vittoria in Coppa delle Coppe sul prato di Wembley. Nel 1996 il tecnico ha lasciato il progetto nelle mani di un Carlo Ancelotti alle sue prime esperienze in panchina: per Carletto, cresciuto proprio nel vivaio gialloblù, si è trattato di un ritorno a casa dopo aver portato all’esordio la Reggiana in Serie A. Nel biennio ancelottiano il Parma diventa una delle vere pretendenti allo Scudetto, concludendo il torneo 1996-97 alle spalle della Vecchia Signora campione d’Italia, affrancandosi definitivamente dalle voci che limitavano le possibilità del collettivo emiliano alla presenza di Scala in panchina.

Il progetto parmigiano, anzi, cresce ancor di più, riuscendo a digerire il non indolore addio a Gianfranco Zola per le note incompatibilità tattiche nel credo dell’allenatore di Reggiolo. Sotto la gestione dell’attuale tecnico del Real Madrid, però, si scoprono indispensabili diversi futuri campioni: Buffon è ormai una certezza, sebbene sia appena diventato maggiorenne. In difesa giganteggiano giovani come Cannavaro e Thuram, prelevato dal Monaco, mentre al centro dell’attacco fanno faville Chiesa e Crespo che prendono sempre più per mano le sorti degli emiliani, diventando una delle coppie-gol più prolifiche d’Europa.

Malesani guida la fuoriserie gialloblù – Si arriva così al 1998, anno in cui sulla panchina del Parma si siede Alberto Malesani, giovane tecnico veneto al quale viene chiesto l’arduo compito di ripetersi dopo l’ottima stagione d’esordio in Serie A con la Fiorentina, migliorando i risultati del suo illustre predecessore che, nel frattempo, è stato sollevato dal suo incarico. Il lavoro del neotecnico si concentra in particolar modo sul potenziamento del reparto che nella precedente stagione ha avuto maggiori difficoltà ad esprimersi e così la famiglia Tanzi preleva in blocco dalla Sampdoria l’anima del centrocampo blucerchiato: Boghossian – fresco campione del Mondo – e Veron vestono i colori parmigiani e a loro si unisce anche Diego Fuser, uomo ovunque che nella Lazio si è espresso ai suoi massimi livelli. La formazione tipo, dunque, è fatta: davanti all’inamovibile Buffon operano solitamente in tre (Thuram, Cannavaro e Sensini); quattro elementi a centrocampo con Baggio e Boghossian al centro della mediana e Benarrivo e Fuser (o Fiore) ad operare sulla fascia. Veron viene così svincolato da particolari compiti di copertura e viene lasciato libero di operare in libertà alle spalle della già citata premiata ditta del gol composta da Chiesa e Crespo.

Il Parma sogna da grande – Con questi presupposti, sognare in grande è più che lecito. L’impatto di Malesani con la realtà parmigiana è più che positivo: dopo due pareggi consecutivi a reti bianche, la prima vittoria in campionato giunge contro i campioni d’Italia della Juventus che allo stadio Ennio Tardini cadono grazie alla rete dell’ex Dino Baggio, vera e propria bestia nera dei piemontesi (ricordate la Coppa UEFA 1994-95?). La squadra è consapevole come non mai dei propri mezzi e declina la medesima determinazione in campionato, così come negli altri trofei: in Coppa Italia le seconde linee assicurano i passaggi di turno in occasione dei sedicesimi e degli ottavi di finale, eliminando Genoa e Bari sul proprio cammino, mentre in Coppa UEFA si soffre di più, ma le soddisfazioni non mancano. Boghossian leva le castagne dal fuoco nella doppia sfida con i turchi del Fenerbahçe segnando la rete del 3-1 nel match di ritorno al Tardini che vale il passaggio ai sedicesimi di finale, durante i quali il Parma incrocia le armi con il Wisla Cracovia. E non è solo una metafora. Infatti, nel match di andata in Polonia, dagli spalti sui quali si assiepano i “tifosi” di casa viene lanciato un coltello a serramanico che colpisce Dino Baggio sul capo, procurandogli una ferita profonda, tanto da ricorrere a cinque punti di sutura. Il passaggio del turno, ancora una volta, lo si conquista fra le mura amiche dopo l’1-1 dell’andata, il 2-1 confezionato da Fiore e dall’autorete di Zajac – che segna la rete della bandiera nel finale di gara – consente ai parmigiani di staccare il biglietto che li porterà nel tempio dei Rangers, ad Ibrox.

È Balbo, prelevato dalla Roma, a scoprirsi utile elemento alternativo a Chiesa e Crespo. Quando c’è da far tirare il fiato ai due titolari, ci pensa il navigato bomber argentino a risolvere le questioni più intricate: è lui – dopo aver segnato nell’1-1 in Scozia – a guidare la riscossa parmigiana nella ripresa dopo l’iniziale svantaggio di Albertz: assieme al sudamericano segnano anche Fiore e Chiesa. Il 1998 si chiude, così, con la certezza di essere fra le prime otto del torneo. E in campionato? Il Parma dà luce a un’inedita sfida per la leadership del torneo con Fiorentina e Lazio: l’Inter, infatti, si fa presto da parte, mentre la Juventus è costretta a metabolizzare l’infortunio di Del Piero. Succede così che i viola di Trapattoni – trascinati da Rui Costa e Batistuta – vestono il ruolo della lepre, con proprio i gialloblù e i biancocelesti ad inseguire. Miete vittime illustri la squadra di Malesani: dopo il 2-0 alla Fiorentina, il Parma segna quattro reti rispettivamente a Udinese e Milan e sconfigge l’Inter di misura. Ma in occasione dello scontro diretto con la Lazio, sarà l’illuminante ed iconico tacco di Mancini a vincere la resistenza degli emiliani che toccano comunque il loro vertice stagionale nel 2-4 con il quale umilia la Juventus al Delle Alpi – tripletta di Crespo, uno di tacco – e costringe Marcello Lippi a rassegnare le dimissioni.

Più le coppe del campionato – Da qui, infatti, il Parma affronta un graduale declino delle prestazioni che consente al Milan di rifarsi sotto, scalzando la Fiorentina dalle dinamiche per il tricolore e ingaggiando una rincorsa epica alla Lazio che sembra attestarsi come probabile campione d’Italia. Proprio per questo, gli emiliani si concentrano sulle coppe: nella competizione che vale la coccarda sul petto Udinese e Inter cadono sotto i colpi dei ragazzi di Malesani, aggiudicandosi l’opportunità di disputare la finalissima contro la Fiorentina.

In Europa, tuttavia, il Parma compie il vero e proprio capolavoro. Il 1999 si apre con il quarto di finale che vede in scena la compagine parmigiana sul campo del Bordeaux. I Girondini, che già fecero fuori il Milan in semifinale tre anni prima, misero gli avversari alle strette, mandandoli negli spogliatoi all’intervallo sotto di due reti per mano di Micoud e Wiltord. A cinque minuti dalla fine, però, Crespo riuscì a riaprire il discorso-qualificazione. Sono passati ventitré anni, ma il 6-0 dell’Ennio Tardini forse rappresenta il più cristallino compendio della forza d’urto della squadra guidata da Malesani: la schiacciasassi gialloblù non avrebbe fatto più prigionieri. Chiedere all’Atletico Madrid di Radomir Antic per informazioni: i Colchoneros, dopo aver eliminato la Roma, furono sommersi sotto cinque reti in 180’ minuti, di cui ben tre al Vicente Calderon che praticamente rese quasi inutile il match di ritorno in Italia.

L’apoteosi di Mosca – Ed è così che il Parma, una settimana dopo aver alzato al cielo la Coppa Italia sotto il cielo di Firenze, si ritrova a contendere il trofeo all’Olympique Marsiglia che ha appena eliminato un commovente Bologna in occasione delle semifinali, privando la competizione di un incredibile derby della via Emilia con valore europeo. Sebbene tra i francesi vi siano in campo due campioni del Mondo come Blanc e Pires – con Dugarry squalificato dopo gli scontri nel finale contro i felsinei – tutti sanno che il Parma è la squadra favorita in vista dell’incontro. E i ragazzi di Malesani non fanno nulla per smentire il pronostico, asfaltando letteralmente gli avversari per l’intero arco dei novanta minuti: i gialloblù hanno sempre il pallino fra le mani e contrastano agevolmente i francesi che si vedono sbucare ducali da tutte le parti. A conti fatti, il trofeo è già fra le mani del Parma quando si torna negli spogliatoi del Luzhniki di Mosca per l’intervallo, grazie alle reti realizzate da Crespo e Vanoli nell’arco di dieci minuti fra il 26’ e il 36’. Per vanificare le pur flebili speranze marsigliesi di rifarsi sotto, Chiesa buca Porato per la terza volta dopo dieci giri di lancette dal ritorno in campo. È l’apoteosi. E al momento stesso un epitaffio. Quella Coppa UEFA, infatti, rappresenta l’ultimo successo di una squadra italiana nel torneo. Ed ormai siamo prossimi al quarto di secolo. Chi l’avrebbe mai detto.


Operazione Nostalgia

Operazione Nostalgia si caratterizza per una narrazione nostalgica e romantica del calcio italiano tra gli anni '80 e gli anni 2000, decenni di cui ripercorre i momenti salienti e racconta le storie dei personaggi più iconici e curiosi.

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