Il Mito delle fredde e piovose notti di Stoke
Almeno una volta nella nostra vita tutti abbiamo usato questa espressione. È capitato di farlo per gioco, per scherzare con i nostri amici o addirittura in vena polemica per rafforzare un concetto che si vuole esprimere. Il fatto è che, alla fine, nessuno, in nessuna situazione, ha mai avuto una risposta.
“Sarebbe capace di farlo in una fredda e piovosa notte a Stoke?” è una frase diventata famosa in tutto il mondo è coniata nell’ormai “lontano 2010” dal telecronista inglese Andy Gray. Mentre commentava una partita, discusse con Richard Keys (l’altro telecronista presente) dell’eterno duello tra Cristiano Ronaldo e Lionel Messi, che quell’anno si giocavano il Pallone d’Oro per pochi voti. Forse ancor di più del portoghese, la stella Argentina del Barcellona stava vivendo il suo periodo d’oro e stupiva tutti settimana dopo settimana tra gol, assist e giocate al limite dell’impensabile. Fu proprio per quel motivo che Gray coniò quella fase, alludendo al fatto che Messi era probabilmente il miglior giocatore di sempre, ma che se avesse giocato in Premier League e in particolare al Britannia Stadium di Stoke, non sarebbe stato in grado di replicare molte delle sue giocate o essere così prolifico.
Un po’ come Messi, anche lo Stoke in quel periodo viveva un momento d’oro. Erano gli anni delle rimesse laterali di Rory Delap, che con quelle mani fatate era capace di dare una traiettoria alla palla che nemmeno il miglior cross di Messi sarebbe stato in grado di eguagliare. Se lo Stoke fosse stato in svantaggio e nei minuti finali avesse ottenuto una rimessa laterale, era come se battesse un calcio d’angolo e per questo motivo Delap divenne un eroe non solo per i tifosi dei Potters, ma per tutti gli appassionati. Erano gli anni dei lanci lunghi di Robert Huth e dei tackle al limite della legalità di Ryan Shawcross. Erano gli anni di Jonathan Walters e John Carew, ma soprattutto gli anni delle esultanze robotiche e dell’estro di Peter Crouch. Era uno Stoke al limite del nostalgico, che giocava un calcio bruttissimo da vedere ma in pieno stile Inghilterra anni ‘80. Lanci lunghi, contrasti duri e un ambiente che rendeva il tutto ancora più difficile. Giocare al Britannia Stadium era complicato per tutti, top team compresi. I tifosi rendevano la vita difficile alla squadra ospite e spesso le condizioni atmosferiche non erano di supporto. Il tipico “English weather” era una certezza: sole, pioggia, vento e neve spesso si alternavano nell’arco dei 90 minuti. Ma non solo: per come era fatto il Britannia Stadium (le tribune non erano tutte collegate tra loro) spesso il vento era talmente forte da cambiare radicalmente la traiettoria del pallone e la pioggia, quando cadeva, era orizzontale. Ti entrava negli occhi. E ti rendeva la vita difficilissima.
Nasce di fatto così il mito delle fredde e piovose notti di Stoke, dove in pochi sono riusciti nell’impresa di vincere e dove non sapremo probabilmente mai se Messi sarebbe stato in grado di imporre il suo gioco. O meglio, in cuor nostro sappiamo la risposta, ma tra un contrasto di Shawcross, una spallata di Huth è un guizzo di Crouch, quello Stoke sarebbe stato in grado di dare fastidio a chiunque.
Ora quella frase è ancora usata, in situazioni diverse, sebbene il lento declino dello Stoke le abbia fatto perdere un po’ di valore. In Inghilterra a volte la utilizzano ancora i ragazzi che giocano nelle categorie dilettantistiche, per assurdo. Un loro compagno segna un gol incredibile, magari in un campo maltenuto e con un pallone mezzo sgonfio e subito i compagni glielo ricordano: bello eh, ma saresti in grado di farlo in una fredda e piovosa notte a Stoke?
Nessuno avrà mai una risposta, ma del resto è proprio così che nascono i miti.