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Le squadre più simpatiche che abbiamo tifato tutti (o quasi) durante i Mondiali

Calcio Operazione Nostalgia 15/11/2022

La kermesse iridata, lo dice la parola stessa, accoglie le nazionali provenienti dai quattro angoli del globo. Il florilegio di colori che punteggia e dipinge per un mese intero le strade delle città del Paese ospitante è senza dubbio una delle immagini più potenti del gioco del calcio, uno dei veri e pochi linguaggi universali che unisce e accomuna i popoli del mondo intero.

È superfluo sottolineare come, ogni quattro anni, l’Italia abbia dipinto le sue estati d’azzurro, con la speranza che i nostri beniamini trionfino alla fine del torneo. Per quattro volte abbiamo alzato al cielo la coppa più ambita e sebbene gli scatti del 1934 e del 1938 siano inevitabilmente ingialliti dal tempo che passa, quasi tutti hanno familiarità con le immagini di Zoff e Cannavaro, rispettivamente a Madrid e Berlino, che alzano al cielo il trofeo più bello che ci sia.

Ma la storia recente obbliga i sessanta milioni di commissari tecnici che popolano la nostra penisola ad attendere altri quattro anni, in attesa di vedere l’Italia partecipare nuovamente a un Mondiale dopo le cocenti delusioni del 2010 e del 2014, assieme ai disastri di più recente memoria che hanno costretto gli Azzurri a vedere per la seconda volta consecutiva il torneo dal divano.

E siccome abbiamo da colmare il mese con attività che ci facciano provare a dimenticare queste figuracce, abbiam deciso di fare un gioco, sfogliando l’album dei ricordi e riproponendo quelle che sono state, a nostro parere, le squadre nazionali più forti, interessanti o simpatiche che abbiano preso parte ai Mondiali dal 1990 in poi. Cosa non si fa per secernere un po’ di serotonina.

Camerun 1990

Les Lions Indomptables partecipano al loro secondo Mondiale dopo il debutto assoluto avvenuto otto anni prima in Spagna. Già nel 1982 la compagine africana mise in mostra il proprio potenziale, mettendo paura alla futura Italia campione del Mondo e nel 1990 si presenta ai nastri di partenza con quattro elementi che fecero già parte della spedizione in Spagna: il portiere africano del XX secolo, Joseph-Antoine Bell, il difensore Emmanuel Kundé, l’eterno Roger Milla e il grande Thomas N’Kono, El Rey Negro.

Gli africani sono inseriti in un girone proibitivo con Argentina, Unione Sovietica e Romania e sono proprio loro a dare il calcio d’inizio per la partita inaugurale di Milano contro i campioni del Mondo in carica della Seleccion. Tutti si aspettano un monologo albiceleste e invece il Camerun sorprende i sudamericani con una rete di François Omam-Biyik, il quale avrà un futuro tanto fugace quanto infruttuoso con la Sampdoria nel 1998. È una vittoria storica: la prima della nazionale camerunense nella fase finale di un Mondiale. Potrebbe bastar così, direte voi. E invece il Camerun si conquista le simpatie di mezzo mondo che accompagna le imprese della rumorosa e colorata banda che ha nel sovietico Valerij Nepomnjaščij il suo direttore d’orchestra.

Nel prosieguo dell’avventura iridata il Camerun scriverà pagine indelebili nella sua storia calcistica, arrivando sino ai quarti di finale e costringendo l’Inghilterra ai tempi supplementari in un combattutissimo match terminato 3-2 per i Three Lions. Poco prima di aver sfiorato l’impresa contro gli albionici, come non ricordare l’impresa di Napoli contro la Colombia, stesa anche qui durante i supplementari con una doppietta di Milla (il secondo dopo una sciagurata uscita di Higuita).

Bulgaria 1994

Verrà sicuramente ricordata come la Bulgaria più forte di sempre. I riflettori sono tutti per Hristo Stoichkov che illumina con la sua classe il Camp Nou di Barcellona ormai da quattro anni e si appresta ad alzare al cielo il Pallone d’Oro. Ma non c’è soltanto il numero 8 a portar su le quotazioni della sua nazionale. Infatti, Hristo non è che il capofila di una generazione d’oro che a cavallo degli anni ’80 e ’90 invade l’Europa e consente al calcio bulgaro di migliorare in maniera esponenziale sotto il profilo dell’esperienza e della qualità. Mentre in difesa si fanno notare Ilian Kiriakov, Petar Hubtchev e il compianto Trifon Ivanov assieme a Nikolaij Iliev, un passato nel Bologna fra il 1989 e il 1991, è dalla cintola in su che la Bulgaria fa sfoggio di qualità e talento come poche altre squadre al mondo.

Sulla linea del centrocampo, infatti, agiscono Yordan Letchkov e Krassimir Balakov, assistiti da Zlatko Yankov a far da cerniera con la difesa, mentre Daniel Borimirov viene spesso impiegato a partita in corso. Davanti invece c’è Nasko Sirakov ad innescare la coppia d’attacco dove, assieme all’attaccante del Barcellona, agisce Emil Kostadinov, idolo del Porto e carnefice della Francia, in quanto autore della rete allo scadere che ha scalzato Les Bleus dal torneo.

Eppure l’esordio al Mondiale è stato il peggiore da poter immaginare: 3-0 contro la statuaria Nigeria e la certezza che si dovrà serrar le fila per non lasciare prematuramente la kermesse. Il riscatto avviene subito dopo con un rotondo 4-0 alla Grecia e un inatteso 2-0 all’Argentina che consente di staccare il pass per la fase ad eliminazione diretta. La combinazione degli incroci mette di fronte alla Bulgaria il Messico, superato soltanto ai calci di rigore, ma il capolavoro si compie proprio ai quarti di finale quando ad un quarto d’ora dalla fine Stoichkov e Letchkov riescono a ribaltare l’iniziale vantaggio di Matthäus e concedersi il privilegio di giocarsi la semifinale contro l’Italia di Roberto Baggio.

L’avventura iridata termina quando il Divin Codino incrocia i parastinchi dei difensori avversari e dopo aver visto il sogno sfumare, matura il quarto posto finale dentro al catino ribollente di Pasadena con la Svezia che supera la Bulgaria già sotto quattro reti all’intervallo.

Svezia 1994

In molti pensano che gli svedesi si scioglieranno come neve al sole, costretti a disputare il Mondiale a temperature così proibitive e a loro poco famigliari. Tuttavia gli scandinavi dimostrano di avere un’anima d’acciaio inossidabile, centrando il secondo miglior risultato di sempre (come nel 1950), dopo il secondo posto maturato nell’edizione del 1958, organizzata in casa, quando Nils Liedholm dovette cedere lo scettro a un giovanissimo Pelé.

Da allora il Mondiale per la Svezia è stato decisamente avaro di soddisfazioni, nonostante i suoi campioni abbiano sempre popolato con successo i maggiori campionati europei. E proprio in occasione dei Mondiali americani giunge l’occasione per cogliere i frutti seminati nel tempo. Sulla panchina c’è Tommy Svensson che guida i Blågult dal 1991 e in vista della manifestazione iridata oltreoceano può fare affidamento su una rosa che coniuga gioventù ed esperienza internazionale in quantità. Le star principali sono senza dubbio l’eterno portiere Thomas Ravelli e il centrocampista con il vizio del gol che ha messo in mostra le sue qualità in Serie A con la maglia del Parma: Tomas Brolin.

La Svezia ha dimostrato di essere in palla, dopo le ottime sensazioni suscitate durante l’Europeo organizzato due anni prima in casa e la prova di questa crescita si ha immediatamente, lasciando cadere le critiche di chi aveva pronosticato per loro un altro Mondiale anonimo, soprattutto alla luce delle tre sconfitte in altrettanti match inanellati durante Italia ’90. All’esordio, la rete di Martin Dahlin riesce a riequilibrare il difficile match contro il Camerun, fissando il punteggio sul 2-2 e consentendo alla Svezia di vincere i propri fantasmi, tornando a fare punti in una fase finale di un Mondiale dopo sedici anni di attesa.

È l’attaccante di origini venezuelane che gioca nel Borussia Mönchengladbach a essere celebrato come l’eroe della patria. Con Kennet Andersson ed Henrik Larsson forma l’attacco della nuova generazione cosmopolita della Svezia e contro la Russia esprimono tutto il loro potenziale, piegando per 3-1 gli avversari e infine conquistandosi il giusto margine per conservare il secondo posto dopo l’1-1 con il Brasile. In vista degli ottavi di finale c’è da superare l’ostacolo Arabia Saudita, ma il granatiere biondo che guida l’attacco del Lille in campionato è il padrone dell’aria e una sua doppietta consente alla Svezia di vincere per 3-1 contro i ragazzi di Felipe Scolari.

La Svezia non finisce di sognare e quando nei quarti di finale c’è da vincere la concorrenza della Romania di Gheorghe Hagi, i Blågult non si fanno pregare, dimostrando di avere il carattere necessario per poter sognare in grande. Dopo il vantaggio di Brolin, è Florin Raducioiu a fissare il risultato sull’1-1 costringendo le squadre ai tempi supplementari; lo stesso attaccante del Milan firma il nuovo sorpasso dei romeni, finché Andersson ristabilisce la nuova parità a quattro giri di lancette dal termine. Durante la lotteria dei calci di rigore è Ravelli a salire sugli scudi, respingendo le conclusioni di Petrescu e Belodedici. La Svezia accede, così, alle semifinali.

Il sogno, però, s’infrange in maniera beffarda contro il Brasile: è Romario a dieci minuti dai supplementari a segnare la rete che annulla l’impresa scandinava. Per consolarsi, la Svezia conclude il suo Mondiale con il 4-0 rifilato alla Bulgaria che vale la medaglia di bronzo.

Croazia 1998

Dopo l’esordio in occasione di Euro 1996, la Croazia fa il suo debutto in occasione del Mondiale francese dove si presenta – nonostante sia un’esordiente assoluta sulla carta – come una delle formazioni più accreditate al passaggio del turno, inserita nel girone con Argentina, Giamaica e Giappone. D’altronde, è la sua storia (calcistica e non) che parla per sé. Il commissario tecnico Miroslav Blazevic può contare su una talentuosa accolita di ragazzi, in giro per l’Europa ormai da moltissimo tempo. Dopo aver mosso i loro primi passi in campo internazionale con la vecchia Jugoslavia, buona parte dei componenti di quella nazionale hanno scelto di indossare la casacca a scacchi bianchi e rossi della Repubblica dalmata.

Tra i ventidue che si presentano ai nastri di partenza della kermesse iridata, infatti, ci sono moltissimi elementi esperti come Drazen Ladic e Goran Juric, colonne della Dinamo Zagabria, assieme ai giovanissimi Igor Tudor e Anthony Seric che si sono ben distinti con la maglia dell’Hajduk Spalato. In mezzo, talenti di grandissimo spessore. Basti citare Aljosa Asanovic, Slaven Bilic, Zvonimir Boban, Robert Jarni, Robert Prosinecki, Mario Stanic, Davor Suker e Goran Vlaovic. Tanta, tanta qualità. E pensare che un certo Alen Boksic è stato costretto a saltare il Mondiale a causa di un infortunio.

Il percorso nel girone di qualificazione conferma la potenza di fuoco dei Vatreni (i Focosi) che superano Giappone e Giamaica, cedendo il passo di misura all’Argentina nello scontro che vale il primo posto nel raggruppamento. Inizia già a farsi apprezzare il bomber del Real Madrid, Davor Suker, che segna due reti nelle prime due partite ed è sua la rete decisiva negli ottavi di finale contro la Romania che vale il passaggio del turno. Tuttavia, l’apoteosi croata si materializza in occasione dei quarti, durante i quali i ragazzi di mister Blazevic espletano tutto il loro potenziale d’urto contro la Germania, asfaltata con il risultato di 3-0.

Ormai tutti seguono con trasporto le vicende della nazionale a scacchi e mezza Francia resta di sasso durante le semifinali, dopo l’acuto di Suker che zittisce Saint-Denis. Soltanto l’incredibile doppietta di Lilian Thuram riesce a ribaltare l’esito del match che, comunque, affranca la Croazia dalle altre debuttanti, certificandola come una delle più forti formazioni del pianeta. Sensazione confermata in occasione della finale per il terzo e quarto posto con il 2-1 sull’Olanda utile a Sukerman per vincere la classifica dei marcatori con sei reti.

Giamaica 1998

Curiosamente, tre delle cinque debuttanti assolute alla massima competizione mondiale sono inserite nel Gruppo H e, assieme a Croazia e Giappone, tutte le simpatie sono per la Giamaica. La formazione caraibica, infatti, si è qualificata a sorpresa e tutti gli addetti ai lavori seguono con particolare trasporto le vicende della colorata squadra diretta dal commissario tecnico carioca René Simões.

I Reggae Boyz non hanno particolare esperienza internazionale e le punte di diamante con il maggior pedigree sono il difensore Frank Sinclair del Chelsea, Robbie Earle, esperto centrocampista del Wimbledon, nonché autore del primo, storico gol nel Mondiale, e Fitzroy Simpson del Portsmouth, gli attaccanti Paul Hall e Marcus Gayle, anche loro rispettivamente di Portsmouth e Wimbledon. Tuttavia, le attenzioni sono tutte per Deon Burton che si è fatto notare tra le fila del Derby County.

Il calendario non è dei migliori, tuttavia l’entusiasmo dei ragazzi in campo e degli spettatori sugli spalti, coinvolge anche chi giamaicano non è. E pazienza se con la Croazia si è perso 3-1 e l’Argentina ha sventolato una manita al povero Warren Barrett. L’occasione della vita, per fare la storia della Nazionale, giunge il 26 giugno allo Stade de la Gerland di Lione, quando la Giamaica sfida il Giappone. Entrambe sono alla ricerca della loro prima, storica vittoria nella fase finale di un Mondiale e i Blue Samurai non hanno ancora trovato la via del gol.

È Theodore Whitmore a entrare nella storia della Giamaica, segnando entrambe le reti che consegnano la vittoria ai caraibici. Il centrocampista gioca ancora nel campionato di casa, a differenza di diversi dei suoi colleghi che sono impegnati nei tornei inglesi e statunitensi. Grazie alla sua doppietta, l’attuale commissario tecnico della Giamaica consegna al suo Paese una giornata storica. Impreziosita anche dalla rete del 2-1 finale di Masashi Nakayama, autore della prima, storica rete nipponica al Mondiale.

Senegal 2002

Chi di noi non li ha amati? L’impresa del Senegal durante i Mondiali di Giappone e Corea del Sud è forse l’unica motivazione per archiviare con una pennellata di romanticismo la kermesse del 2002. I ragazzi del compianto Bruno Metsu sono stati in grado di unire gli appassionati sparsi per il globo con i colori verde, giallo e rosso della bandiera senegalese, accompagnando le gesta dei Lions de la Teranga passo dopo passo.

Il tecnico francese ha la fortuna di trovarsi al posto giusto nel momento giusto. Infatti, è giunto in Africa nel 2000 per allenare la nazionale della Guinea e dopo pochissimo tempo viene chiamato dalla Federcalcio senegalese per sedere sulla panchina dei Leoni. Il Senegal, che fino a quel momento aveva raggiunto modesti risultati, grazie alla sua guida, riesce a conquistare l’argento in Coppa d’Africa nel 2001 e, dopo aver eliminato il Marocco, a conquistarsi un posto per la fase finale del Mondiale per la prima volta nella storia.

Metsu è l’uomo giusto per il Senegal e il commissario tecnico ha gli uomini giusti da portare con sé al primo Mondiale asiatico della storia. Dei ventitré convocati, soltanto due non giocano nel campionato francese: sono i portieri di riserva che ammirano Tony Silva fra i pali. L’età media è molto bassa e l’elemento più esperto è il trentaseienne Amara Traoré del Gueugnon. Tutti gli altri sono sotto la soglia dei trent’anni. Tuttavia, in molti sono curiosi di vedere all’opera Khalilou Fadiga dell’Auxerre di Guy Roux. Invece, il nome che nessuno dimenticherà è quello di Papa Bouba Diop.

Eh sì perché, come accadde in occasione del match inaugurale di Italia ’90 tra Argentina e Camerun, il centrocampista diventa l’inatteso carnefice della Francia campione del Mondo, costretta a piegarsi allo strapotere senegalese. La vittoria ha una forte carica simbolica e tutto il Paese esulta con i Lions de la Teranga che proseguono a stupire nella loro marcia con Danimarca ed Uruguay. Quella contro Les Bleus è l’unico successo nel girone di qualificazione e gli altri due pareggi valgono il secondo posto che estromette le due big del raggruppamento (Francia ed Uruguay), consegnando al Senegal il pass per la fase ad eliminazione diretta.

Non ci si crede quasi. Nel frattempo, vengono fuori i talenti di Aliou Cissé ed El Hadji Diouf, due dei protagonisti del successo in rimonta sulla Svezia ad Oita. I titoli, infatti, sono tutti per Henri Camara che pareggia prima il gol di Larsson e poi segna il golden goal al 104’ che stende gli scandinavi. Non solo una nazione, ma l’intero continente africano è in festa per la favola senegalese che, purtroppo, s’interrompe bruscamente durante i quarti di finale quando un altro golden goal, ma stavolta di Ilhan Mansiz, è fatale alle ambizioni dei Lions de la Teranga che, comunque, archiviano più che positivamente il più bel Mondiale che abbiano mai disputato.

Costa d’Avorio 2006

Che bello esordire in un Mondiale. Forse è meno bello, però, maledire la sorte per averti inserito nel girone di ferro assieme ad Argentina, Olanda e Serbia-Montenegro. D’altronde non si può avere tutto dalla vita, ma con un Didier Drogba dalla tua parte è sempre lecito sperare. Sarà stata questa la considerazione che in tutta la Costa d’Avorio e fra gli ivoriani sparsi per il globo terracqueo sarà stata fatta nel giorno del sorteggio dei gironi mondiali. Ma va bene così. Alla fine, quando si partecipa alla competizione con le trentadue nazionali più forti al mondo, ci può stare di doversi confrontare con simili avversari.

Forse non avrà esultato così tanto il tecnico dei Les Elephants, Henri Michel, ma l’allenatore ha la certezza di avere la possibilità di attingere forze nel calderone più fecondo di talenti della storia del paese africano. Infatti, assieme al centravanti principe del Chelsea, il trainer francese può portare con sé elementi come Emmanuel Eboué e Kolo Touré dell’Arsenal, il giovanissimo Yaya Touré che gioca nell’Olympiakos e il funambolo Bonaventure Kalou del Paris Saint-Germain. L’impianto è solido e la qualità è comunque molto alta.

Tutte caratteristiche che, però, non sono sufficienti per passare il turno, nonostante gli ivoriani diano parecchio filo da torcere all’Argentina (sconfitta per 2-1) e all’Olanda (altra sconfitta per 2-1). Dopo 180 minuti, infatti, il Mondiale della Costa d’Avorio è già finito. C’è tuttavia il tempo per esultare, in occasione dell’ultimo match in programma contro la Serbia-Montenegro che, dopo l’iniziale 0-2 dei balcanici firmato da Nikola Zigic e Sasa Ilic, tira fuori tutto il carattere degli arancioni, i quali firmano la rimonta con la doppietta di Aruna Dindane e il suggello a quattro minuti dal termine di Bonaventure Kalou dagli undici metri.

Finisce così prematuramente il Mondiale, ma non si esaurisce l’affetto degli appassionati che hanno visto scendere in campo una delle nazionali africane più talentuose e complete di sempre.

Trinidad & Tobago 2006

Davanti alle coste del Venezuela c’è una grande isola dove gli sport più diffusi sono il cricket e l’atletica. Il calcio, nonostante la vicinanza con il continente sudamericano e la popolazione locale sia innervata di contaminazioni spagnole ed inglesi, non ha il ruolo preminente di disciplina più praticata. È solo dalla fine degli anni ’80 che il football ha preso sempre più piede, crescendo una generazione di ragazzi che riesce a poter sognare di giocare un giorno in Europa. Molti, in aggiunta, sono i loro genitori che negli anni sono emigrati verso l’Inghilterra per trovare maggiore fortuna.

Ed è proprio grazie a questa generazione cresciuta calcisticamente agli ordini della Regina Elisabetta II che i The Soca Warriors hanno centrato la loro prima, storica qualificazione ad una fase finale del Mondiale. Il biglietto per la Germania è stato staccato dopo lo spareggio con il Bahrein, anche grazie alla mano del commissario tecnico, l’olandese Leo Beenhakker, che ha saputo portare al servizio dei trinidadensi la sua esperienza internazionale – in passato ha allenato e vinto trofei con Ajax, Feyenoord e Real Madrid – ed amalgamare un gruppo che vede diversi esponenti avere già una buona carriera europea.

Trinidad & Tobago, così, si presenta all’appuntamento mondiale con una rosa molto esperta, nella quale spiccano il portiere del West Ham United, Shaka Hislop, l’ex Calypso Boy, Dwight Yorke, che è tornato in Nazionale proprio per coltivare il sogno della qualificazione, arretrando spesso e volentieri il suo raggio d’azione per lasciar spazio a Stern John, recordman della sua Nazionale ed attaccante del Coventry City. Assieme a lui, spiccano elementi come Russell Latapy, ex di Boavista e Porto, e Kenwyne Jones, attaccante che avrà una lunga carriera in Premier League. Manca, inoltre, Silvio Reinaldo Spann, centrocampista con un passato in Italia con le maglie di Perugia e Sambenedettese, incappato in un infortunio poco prima del via.

I Soca Warrior sono inseriti in un girone durissimo con Inghilterra, Svezia e Paraguay. Pensare alla qualificazione è davvero ottimistico, ciononostante la Nazionale si disimpegna alla grande, costringendo gli scandinavi al pareggio a reti bianche in occasione del debutto iridato. Maturano poi due sconfitte contro inglesi e sudamericani, ma il punto conquistato contro i Blågult è il punto esclamativo che consegna alla storia dei Mondiali la nazionale trinidadense.

Croazia 2018

È sempre la Francia a guastare i piani della Croazia. Prima durante i Mondiali del 1998 in semifinale, vent’anni dopo in quel di Mosca in occasione della finalissima mondiale, durante la quale i Bleus di Kylian Mbappé hanno messo fine al sogno ad occhi aperti di una nazionale mai così competitiva.

Non è una sorpresa fino in fondo quella della Croazia in occasione degli ultimi Mondiali disputati, perché si fonda su elementi di altissima qualità dalla cintola in su. Uno su tutti: Luka Modric. Il playmaker del Real Madrid dimostra tutto il suo talento e la sua forza durante la manifestazione, incarnando appieno lo spirito della nazionale a scacchi bianchi e rossi e facendosi capofila di una rosa che, agli ordini di Zlatko Dalic, fa impallidire più di mezzo mondo in termini di qualità. Basta citarne solo alcuni per averne un’idea: da Ivan Perisic a Ivan Rakitic, passando per Mario Mandzukic e Marcelo Brozovic.

Forse la più forte di sempre. E lo dimostrano i fatti di un Mondiale durante il quale la Croazia non sbaglia praticamente un colpo, salvo arrendersi allo strapotere francese durante il match finale del Luzhniki. Durante il girone di qualificazione fa filotto, conquistando tre vittorie in altrettanti match: dopo il 2-0 all’esordio con la Nigeria, il capolavoro si compie con il 3-0 inferto all’Argentina e il 2-1 nell’ultimo incontro con l’Islanda conferma i croati come giustificati pretendenti al trofeo.

Nella fase ad eliminazione diretta, la Croazia deve ricorrere ai rigori per aver ragione prima della Danimarca e poi dei padroni di casa della Russia, mentre in semifinale i Kockasti ribaltano l’Inghilterra che si era portata in vantaggio dopo cinque minuti. È di Mario Mandzukic nei tempi supplementari la rete che manda in orbita i dalmati, i quali sognano di conquistare il trofeo per la prima volta nella loro storia.

Tuttavia, dopo un primo tempo equilibrato, la Francia prende il largo nella ripresa e i transalpini appuntano la seconda stella al loro petto. E tutti, specialmente in Italia, oltreché per l’eterna rivalità con i cugini d’oltralpe, hanno davvero tifato per la favola croata.

Islanda 2018

Dopo l’impresa europea del 2016 che ha portato la nazionale della piccola isola artica a conquistare le prime pagine dei giornali in patria e all’estero, in molti attendono con trepidazione la prestazione della squadra diretta dal commissario tecnico Heimir Hallgrimsson, uno degli eroi che ha portato l’Islanda fino ai quarti di finale della massima competizione continentale. In molti seguono con trasporto le vicende della selezione della piccola nazione che si conquista il record di Paese più piccolo a partecipare alla fase finale di un Mondiale.

L’Islanda, infatti, vive il suo momento più brillante della sua storia, affermandosi come un pericoloso outsider nelle dinamiche del Mondiale e l’esordio contro l’Argentina, infatti, costringe l’Albiceleste a doversi accontentare del pareggio per 1-1, dopo che Lionel Messi, nel finale, si è fatto respingere un calcio di rigore da Hannes Halldorsson.

Lì dove si è sempre giocato a calcio per diletto, coniugando la carriera professionale all’hobby del pallone, si fa dannatamente sul serio. Ed infatti in occasione dei Mondiali di Russia 2018, l’Islanda si presenta con una Nazionale di tutto rispetto che ha in Gylfi Sigurdsson il calciatore di maggior estro. Tuttavia, l’epilogo della loro kermesse iridata non è allo stesso livello dell’Europeo e, infatti, dopo il pareggio con la Seleccion, maturano due sconfitte contro Nigeria e Croazia che mettono fine al torneo degli islandesi.


Operazione Nostalgia

Operazione Nostalgia si caratterizza per una narrazione nostalgica e romantica del calcio italiano tra gli anni '80 e gli anni 2000, decenni di cui ripercorre i momenti salienti e racconta le storie dei personaggi più iconici e curiosi.

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